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sabato 9 giugno 2012

VI ASPETTO SUL NUOVO BLOG

Per qualche settimana saro` in Brasile per un viaggio di studio e conoscenza.
Se lo desiderate, potete seguirmi sul blog http://miracolobrasil.blogspot.com.br/.
A presto!

martedì 29 maggio 2012

IN BRASILE, PER DIMENTICARE GLI ACCIACCHI DELLA VECCHIA EUROPA

Se l'Italia è stata per molto tempo pizza, spaghetti e mafia, il Brasile è ancora oggi per la maggior parte delle persone Copacabana, splendide ragazze in tanga e favelas.
Gli stereotipi, si sa, sono duri a morire. La colpa è in primo luogo della nostra pigrizia mentale, ma in parte anche di chi fa informazione. Basta sfogliare un qualsiasi quotidiano di casa nostra per vedere quanto poco spazio occupino gli esteri. Per parlare degli altri paesi bisogna che scoppi qualche rivoluzione o carestie e genocidi con migliaia di morti. Ma di come questi paesi evolvono economicamente e culturalmente, di come agiscono i loro governi, di come ci vive la gente comune ben poco ci viene raccontato.
Salvo imprevisti dell'ultima ora, martedì prossimo 5 giugno prenderò un volo con destinazione il Brasile. San Paolo e Rio de Janeiro saranno le tappe principali, non so se avrò tempo per altre piccole divagazioni.
Voglio scoprire come sta cambiando il gigante sudamericano.
Parto già con alcune informazioni di base. Insieme alle altre nazioni che vanno sotto la denominazione di Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) è destinato a diventare, entro il 2050, una delle economie dominanti.
Nel 2010 la crescita del suo Pil è stata del 7,5%. Scesa nel 2011 al 3%, è prevista nuovamente in ripresa (4,25%) per il  prossimo anno.
Ricco di materie prime - Citigroup ha calcolato che ogni abitante possiede un tesoro fra i 22 mila e i 37 mila dollari in commodity - deve il suo boom economico a un mix di fattori: bassi tassi d'interesse, inflazione e debito pubblico sotto controllo, stimolazione della domanda interna.
Il mercato interno è notevolmente aumentato grazie alla crescita del potere d'acquisto della classe media: se si considera classe media l'insieme delle famiglie che guadagnano tra i 1.115 e i 4.807 reais al mese (1 euro corrisponde circa a 2,28 reais), questa è passata dal 44% al 52% della popolazione.
Attualmente il Brasile è governato da una presidente donna, Dilma Rousseff che, se non gode della enorme popolarità del suo predecessore "Lula", ha tuttavia avuto il coraggio e il merito di allontanare diversi ministri corrotti dal suo governo.
Ma come vivono i brasiliani questo miracolo economico? E' quello che vorrei scoprire nelle tre settimane della mia permanenza là. Dimenticando per un po' la vecchia Europa e i suoi acciacchi!


venerdì 13 aprile 2012

ROSY, LE DONNE E LA POLITICA


Tanto e forse troppo si è scritto in questi giorni su Rosy Mauro e sulla vicenda che la riguarda all'interno della Lega e che si è conclusa con la sua espulsione. 
Se scrivo è perché non ho trovato da nessuna parte (perlomeno non sui media da me frequentati) il pensiero che mi accingo a esprimere e che contrasta in modo sostanziale con le opinioni  riportate dalla stampa di alcune note parlamentari.
Sono assolutamente d'accordo che la Mauro non debba diventare il capro espiatorio. Anzi, aggiungo di più: tutti i dirigenti sono a mio avviso corresponsabili, non tanto perché "non potevano non sapere" ma perché è dovere primario di chi dirige un partito vigilare su quanto avviene all'interno dello stesso. 
Questo vale ovviamente per qualsiasi formazione politica.Altrimenti, a che servono i dirigenti?
Dissento invece assolutamente dalla difesa, espressa da parlamentari quali Flavia Perina, Paola Concia, Margherita Boniver, di Rosy Mauro in quanto donna.
Proprio perché donna, Rosy Mauro si è "macchiata" di una colpa molto grave: quella di aver avvalorato la convinzione e la pratica tuttora molto diffuse secondo cui le donne possono fare politica ad alti livelli solo in quanto mogli, compagne, fidanzate, figlie, amanti del capo o di uno dei capi che governano il partito. 
Certo, in questo Parlamento (e non solo, penso anche al Consiglio Regionale della Lombardia, tanto per fare un esempio) la vicepresidente del Senato si trova in numerosa compagnia. Il suo caso è solo quello più éclatante, non certo l'unico.
Domani a Milano, nella sede di Palazzo Reale, si terrà un incontro nazionale del movimento "Se non ora quando" (quello che diede il via alla rivolta contro il governo Berlusconi, per chi non lo ricordasse...). 
L'incontro ha un titolo significativo: "Politica: sostantivo femminile? Aboliamo la sottorappresentanza del genere femminile nella politica e nelle istituzioni".
Al di là dell'esito che avrà (mi auguro positivo, ma i tempi sono quelli che sono...) ritengo questo incontro molto importante. Perché le donne che saranno lì ci saranno con una convinzione: che andare avanti da sole utilizzando mezzi che con la politica nulla hanno a che fare comporta l'arretramento di tutte e che l'effetto di ciò dura purtroppo a lungo nel tempo. 
La crisi che  stiamo vivendo ci deve spingere a non perderne altro, perché i talenti femminili fin qui sprecati possono contribuire a cambiare in meglio. Se non ora, quando? Adesso.

In base alla legge 633 del 22 Aprile 1941 è vietata ogni riproduzione parziale o totale del testo. Eventuali citazioni dovranno riportare la fonte da cui sono tratte.

mercoledì 29 febbraio 2012

VUOI UN POSTO AL NIDO O ALLA MATERNA? COMPRA UNA CREMA!

Diciamolo subito: un Paese in cui avere un posto all'asilo per il proprio figlio è scaduto da diritto a premio di un concorso non è un Paese normale.
Sì, avete capito bene: se acquistate un certo prodotto, di cui diremo in seguito, e risulterete i fortunati vincitori, avrete diritto a un posto in un asilo nido o scuola materna per un anno. Il bonus è di 6.000 euro e, come si legge nel Regolamento, è stato stabilito in base alla retta media nazionale.
La brillante idea è della Unilever, multinazionale che produce la famosa pasta di Fissan. Chi ha avuto o ha bimbi piccoli la conosce bene, è quella crema che va spalmata abbondantemente sul culetto del neonato per contrastare le irritazioni da pannolino. Un ottimo prodotto, niente da dire.
Quello che sconcerta, a dir poco, è l'aver ideato un concorso con un premio siffatto. Ma mandare i propri figli al nido e alla materna non dovrebbe essere un sacrosanto diritto?
Già ma qui siamo in Italia, non in Svezia. Qui siamo nel Paese in cui la maternità non è mai diventata un bene comune, da promuovere per la crescita della società. Qui la maternità è un "bene" individuale, ovvero della donna che partorisce, al massimo può diventare un bene di coppia. Per il resto la società se ne infischia, e  il risultato è un Paese sempre più vecchio, dove il futuro è affidato ai figli degli immigrati sempre che anche loro  non si scoraggino di fronte alle mille difficoltà di cui è costellato il cammino di chi vuole avere figli in un Paese che questi figli proprio non li vuole.
Non si tratta solo di mancanza di servizi, anche se questo resta un enorme problema come evidenzia in modo éclatante la "trovata" del marketing Unilever.
Le difficoltà nascono ancora prima perché, se sei donna in età fertile, è meglio che tu ti tolga subito dalla testa l'idea bizzarra di concepire.
Avete presente le famose "dimissioni in bianco", quelle che alcune aziende fanno firmare al momento dell'assunzione per avere mano libera di licenziare qualora la sventurata cadesse in tentazione?
Avete presente lo scandalo dei contratti delle precarie della Rai, con la clausola contenente la possibilità di licenziare le giornaliste incinte? La dg Lorenza Lei ha detto che la norma sarebbe stata cancellata: qualcuno ha controllato che l'abbia fatto?

In base alla legge 633 del 22 Aprile 1941 è vietata ogni riproduzione parziale o totale del testo. Eventuali citazioni dovranno riportare la fonte da cui sono tratte.

domenica 19 febbraio 2012

SANREMO: IL FESTIVAL E' LO SPECCHIO DELL'ITALIA CHE NON VUOLE CAMBIARE

L'Italia che non ce la fa è l'Italia di Sanremo, Morandi e Celentano, l'Italia che sembra sempre ferma ai Cinquanta/Sessanta, l'Italia dei vitelloni e delle maggiorate, l'Italia vecchia dalle vecchie idee.
E non importa se a vincere sono state tre donne, questo è il solito contentino che ci danno per farci stare buone e zitte, tanto poi noi vinciamo Sanremo e loro vincono alla Lotteria.
L'Italia che non ce la fa è l'Italia di quelli che sostano fuori dal Festival per immortalare Celentano col telefonino e che in platea si spellano le mani per applaudire le farneticazioni di un cantante che si crede un predicatore. Una volta l'avrebbero rinchiuso, oggi lo pagano 750 mila euro, tanto poi li dà in beneficenza, a chi ancora non si sa.
L'Italia che non ce la fa è l'Italia che per giorni discute se Belen aveva o non aveva le mutande e non si accorge che in mutande ci siamo tutti ormai, perché il Paese è in recessione e anche l'Istat l'ha certificato.
L'Italia che non ce la fa è quella che alle donne che protestano perché sono stufe di essere rappresentate da veline scosciate dà delle "bacchettone" e gli dice, come è successo a una deputata in Parlamento, "vai a farti scopare".... Come se non fossimo circondate da uomini che ci vogliono scopare, ma forse non è questo l'unico nostro desiderio e loro non lo capiscono proprio che noi siamo piene di desideri e quello è solo uno dei tanti e forse neanche il primo della lista.
L'Italia che non ce la fa è quella che tiene ai margini il genere che rappresenta più della metà della popolazione e così facendo spreca i talenti migliori (leggere le statistiche sull'istruzione, please).
L'Italia ce la può ancora fare, ma ci sono molte cose da cambiare e l'articolo 18 non è certo la prima. Cominciamo ad abolire Sanremo e Miss Italia e subito dopo a fare una legge elettorale dove i candidati siano 50 per cento uomini e 50 per cento donne con le stesse opportunità di essere eletti. Già, ma chi la fa questa legge elettorale? Alfano, Bersani e Casini?

In base alla legge 633 del 22 Aprile 1941 è vietata ogni riproduzione parziale o totale del testo. Eventuali citazioni dovranno riportare la fonte da cui sono tratte.

sabato 28 gennaio 2012

DONNE E POLITICA: SE VOGLIAMO CONTARE OCCORRE "SPORCARSI LE MANI"

Ho avuto la fortuna di vivere il femminismo degli anni Settanta, un grande movimento che ha lasciato segni profondi nella nostra società soprattutto nel campo dei diritti civili, pur non condividendone alcuni aspetti come il rifiuto totale del confronto con l'universo maschile e un certo snobismo.
Poi gli anni del riflusso. Le donne, come tante altre realtà protagoniste della contestazione, sono sparite, diventate invisibili. Ci siamo rinchiuse nel nostro privato, diventato non più politico ma privato e basta. Ho sofferto molto in quella dimensione individualista ma non c'era altro da fare che aspettare, prima o poi qualcosa sarebbe cambiato.
Per questo ho provato entusiasmo quando è nato il movimento Se non ora quando, con la grande manifestazione del 13 febbraio 2011. Una esplosione di piazza, dove c'erano donne di tutte le età e condizioni sociali e finalmente.... anche gli uomini!
Questo fermento ha contagiato anche i partiti, sicuramente Italia dei valori dove erano nel frattempo confluite molte donne sensibili a questo tema.
Ma a distanza di un anno sembra che questo grande movimento abbia già il fiato corto e si comincia a sentire il puzzo di chiuso del riflusso.
A Milano c'è stata l'assemblea di Snoq il 26 novembre scorso al Teatro Elfo, molto partecipata. A Roma la manifestazione dell'11 dicembre. L'altra sera, sempre a Milano, la fiaccolata contro la violenza sulle donne.
Ma è come se si procedesse a singhiozzo e si navigasse a vista, senza un programma, senza obiettivi precisi. Nel frattempo le donne di Idv sono sparite.
E allora io mi domando: non è che stiamo ripetendo sempre gli stessi errori?
Negli anni Settanta il femminismo è rifluito perché non ci si è volute "sporcare le mani" con la politica, non quella dei grandi ideali ma quella di tutti i giorni.
E così la politica è andata avanti senza di noi, contro di noi.
E ora? Occorre non disperdersi, occorre focalizzarsi su un unico obiettivo senza il quale tutti gli altri  rischiano di restare lettera morta: dare la giusta rappresentanza politica alle donne.
Senza un ingresso massiccio delle donne nelle stanze dei bottoni non riusciremo mai a dare un volto che almeno per metà sia di donna a questo Paese. Senza divisioni, senza litigi su questioni magari importanti ma che ci farebbero deviare dal percorso.
Nel frattempo, pur non perdendo di vista il punto focale, occorre continuare a lavorare sui contenuti: come deve essere il mondo a misura di donna? 
Lo so, il lavoro da fare è immenso. Ma che cosa vogliamo aspettare ancora?

In base alla legge 633 del 22 Aprile 1941 è vietata ogni riproduzione parziale o totale del testo. Eventuali citazioni dovranno riportare la fonte da cui sono tratte.

mercoledì 23 novembre 2011

CRISI, I "BAMBOCCIONI" ORA ANCHE NEGLI USA. MA PER QUALCUNO IL FENOMENO NON E' SOLO NEGATIVO

Tra i primati dell'Italia c'è sicuramente quello della lunga permanenza di ragazzi e ragazze nella casa genitoriale. "Bamboccioni", li aveva apostrofati l'ex Ministro Padoa Schioppa attirandosi critiche feroci da tutte le parti politiche, anche perché l'epiteto sembrava non distinguere tra chi effettivamente è impossibilitato a lasciare l'avita dimora causa disoccupazione galoppante (quella giovanile sfiora il 30%) e chi invece pur avendone le possibilità non si schioda per pura pigrizia.
Archiviati gli anni Settanta e con loro l'esperienza delle "comuni", il Belpaese si è sempre distinto per un attaccamento inusuale di figli anche ultratrentenni verso i propri genitori. Attaccamento generalmente ricambiato, causa la ben nota sindrome da "nido vuoto".
Oggi però quel primato tutto italico è insidiato dal fenomeno americano della "generazione boomerang" ovvero dei giovani che, usciti di casa, sono costretti a ritornarvi dopo aver perso il lavoro. Un trauma per gli Stati Uniti, dove lo spirito pionieristico ha sempre spinto i genitori a incoraggiare i ragazzi ad abbandonare il nido non appena raggiunta l'età del college.
Il tema dunque è caldo. Non a caso oggi il quotidiano La Repubblica gli dedica un'inchiesta con articoli a firma di Federico Rampini e Vittorio Zucconi.
Un giornalista brasiliano, che in passato ha vissuto in  Italia e ora fa l'inviato a Boston, gli ha recentemente dedicato un fondo sul quotidiano Folha de Sao Paulo.
"La più antica polizza di assicurazione in Italia è senza dubbio la famiglia - scrive Roger Cohen - I posti di lavoro possono essere rari e i tempi difficili, ma la mamma sarà sempre lì ad accoglierti".
Ma se un tempo questa tendenza era oggetto di scherno, oggi più nessuno ride.
"La quantità di giovani tra i 25 e i 34 anni che vivono in famiglia negli Usa è salita al 18,6% - afferma Cohen - Il motivo è presto detto: nella stessa fascia d'età la disoccupazione è aumentata dal 6,1% di quattro anni fa al 14,4% attuale".
In tutto questo il giornalista vede anche un lato positivo. Genitori e figli in questa coabitazione forzata dovranno imparare a parlarsi. E questo nel Paese in cui "i bambini sono drogati di videogames e gli anziani muoiono in solitudine".
Personalmente non mi sembra un esito scontato, ma ovviamente ci si augura che sia così.
Questa mattina a Radio 24 Oscar Giannino ha trattato il tema da tutt'altro punto di vista.
In Italia, ha detto Giannino, più che di attaccamento alla famiglia si dovrebbe parlare di "familismo". Una visione quindi del tutto negativa anche perché, secondo il conduttore, questo "vizio" nostrano sarebbe andato a discapito dell'etica pubblica di cui sono figli la corruzione, l'evasione fiscale e insomma tutti quegli aspetti che oggi si ritengono le principali cause dell'attuale crisi economica italiana.
"Quali che siano i difetti dell'Italia, è un Paese in cui regna una solidarietà sorprendente", sostiene Cohen.
Chi avrà ragione? Il dibattito è aperto.

In base alla legge 633 del 22 Aprile 1941 è vietata ogni riproduzione parziale o totale del testo. Eventuali citazioni dovranno riportare la fonte da cui sono tratte.